UN GIORNO PER CASO…METAMORPHOSY DESIGN DI SANDRA ERCOLANI
Sono sempre più convinta del fatto che nulla accade per caso e se anche fosse, beh, il caso insieme al libero arbitrio, sono gli ingredienti migliori delle ricette meglio riuscite.
Oggi voglio raccontare una storia speciale. Di una donna che per caso, un giorno si è liberata di un “vestito scomodo” per indossarne finalmente uno nuovo e assolutamente adatto a lei.
Di una bottiglia di acqua in P.E.T. , materiali di scarto e metalli poveri, di una bacchetta magica detta “creatività innata”.
La protagonista di oggi è Sandra Ercolani, una Jewelry Designer, prima che Architetto. Ho avuto il piacere di scoprire le sue creazioni non per caso. Ci siamo conosciute in occasione dell’inaugurazione della mostra itinerante “Un Gioiello per la Vita” e da allora mi sono sempre chiesta cosa ci fosse dietro quell’intricato intreccio di colori e leggerezza.
1 Sandra Ercolani nasce Architetto. Come è nata dentro di te la voglia di intraprendere una nuova strada?
In realtà Sandra Ercolani non “nasce architetto” ma lo diventa a causa di una serie di eventi più o meno sfavorevoli. Sandra Ercolani nasce artista a 360°. Fin da piccolissima scrivevo poesie e amavo disegnare. Il mio sogno di bambina era quello di fare la ritrattista sul lungomare di Rimini oppure a Venezia. Fin dalle elementari l’unica materia in cui eccellevo era il disegno e tutto ciò che implicava manualità ed inventiva. Non mi è stato possibile fare il liceo artistico perchè in quell’epoca a Piacenza non esisteva, ce n’era uno ma non era riconosciuto e così i miei genitori han pensato bene, considerando le mie doti per il disegno, di spingermi a frequentare l’istituto Tecnico per Geometri. Sono stati cinque anni di agonia infinita con vari tentativi di fuga. Nel frattempo la Sandra Creativa ha lasciato lentamente spazio alla Sandra Tecnica iscrivendosi alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano scegliendo l’indirizzo di disegno industriale ed arredamento e da lì ne è uscita la Sandra Architetto, mai troppo convinta di questa veste che stringeva ogni giorno di più. Fare l’architetto non era come mi immaginavo; tante carte, burocrazia, calcoli…niente di artistico. Parallelamente in base ai periodi che attraversavo, continuavo a dipingere, creare gioielli per me, lampade d’arredo. Tutto questo fino al giorno in cui ho ritrovato in me quella bambina che sognava di fare la ritrattista, senza schemi, senza troppi vincoli, senza troppe carte, senza burocrazia. Libera! Ho deciso che glielo dovevo, aveva già pazientato anche troppo, e così l’ho liberata!
Ha liberato finalmente quella bambina che scalpitava e che per cause di forza maggiore aveva dovuto chiudere i sogni in un cassetto.
A quanti di noi è capitato di dover rinunciare a qualcosa. A quanti è “stata data la possibilità di rimediare” e soprattutto quanti hanno accettato la sfida?
In ogni caso si tratta pur sempre di “scelte”, come quella che Sandra fa ogni giorno, di “salvaguardare l’ambiente”. Perchè per fortuna, all’interno del proprio fare artistico confluisce sempre il proprio modo di vivere.
2 BIO ARCHITETTURA, ECO DESIGN. In entrambi i casi la tua scelta è rivolta alla “salvaguardia”. Quanto centra con il tuo modo di vivere la tua scelta artistica?
Ho iniziato ad occuparmi di Bio architettura intorno al 1995 frequentando i corsi di specializzazione dell’istituto INBAR di Bolzano e poi di Casa Clima. Ero fermamente convinta che il “BIO” fosse il futuro dell’architettura, quando ancora, specialmente qui a Piacenza era un argomento praticamente sconosciuto. Quella di aprire un negozio e studio di progettazione nel 1998 (ecoidee) specializzato in questo campo, non fu una scelta facile; i tempi non erano abbastanza maturi e soprattutto le persone non erano pronte ad accogliere un simile cambiamento. Alcuni si avvicinavano solo per moda o per vanità, non c’era ancora una vera coscienza del rispetto per l’ambiente. Per me era una cosa logica, scontata. Pensavo e lo penso tutt’ora, che il nostro pianeta è prezioso, che non ha risorse inesauribili e che si debba insegnare ai bambini fin da piccolissimi a rispettarlo, così come si insegna loro a camminare o a parlare. Pertanto ogni disciplina deve contenere uno spazio anche se minimo, dedicato a questo tipo di educazione. Nel mio piccolo ho cercato di farlo in tutte le attività che ho intrapreso, a volte anche in modo inconsapevole perchè mi viene naturale.
3 Metamorphosy design è la sfida nel ridare vita a scarti. Raccontami come nel tuo processo creativo un “bruco” diventa una magnifica “farfalla”.
Nel pensare a cosa rispondere mi viene un po da sorridere in quanto questa metamorfosi in continua evoluzione è diventata potrei dire, quasi una malattia che contagia anche chi mi è vicino.
E’ iniziato tutto guardando una bottiglia di plastica dimenticata sul tavolo. Mi sono resa conto piano piano, minuto dopo minuto, che non vedevo più una semplice bottiglia di plastica ma tutto ciò che questa racchiudeva al suo interno. E con questo non intendo la bevanda, ma ciò che quel materiale conteneva all’interno della sua essenza. Ciò che quel materiale , il P.E.T., sarebbe potuto diventare. Ho iniziato così a creare gioielli per il corpo e per la casa. Il problema però è iniziato nel momento in cui il “vedere oltre” non era controllabile ed ogni oggetto che incontravo sulla mia strada non riuscivo più a guardarlo per quello che era ma per ciò che sarebbe potuto diventare . Nella mia testa in realtà lo era già. Questo processo si è complicato quando anche molti a me vicino hanno iniziato a portarmi materiali ed oggetti che secondo loro io sarei riuscita a trasformare in qualcosa d’altro. Da qui la scelta del nome “metamorphosidesign”
Anche la scelta del nome quindi è un insieme di avvenimenti non voluti, ma nati dal caso. Avete presente quando tutto inizia a muoversi nella vostra direzione? Quando si prende una decisione e si agisce, poi il mondo si mobilita affinchè tu possa realizzare la tua sfida.
4 Piccole sculture delicate e raffinate. Ognuna diversa dall’altra. Qual è il filo conduttore che le unisce. Quale la traccia riscontrabile e caratterizzante?
ri-PET, VISIONARIA, eroBICI, GIOIELLO LETTERARIO, A Ferro & Fuoco, ETNICART, TESSUTOPìA
ri-PET è la mia linea primogenita, poi via via sono nate tutte le altre un po a causa di queste persone che mi stimolavano sottoponendomi in continuazione nuovi materiali ed un po anche perchè non è facile fermare una mente frenetica in continuo movimento che come una spugna assorbe gran parte di ciò che cattura la propria attenzione. Il filo conduttore principale è la materia prima di scarto, cioè quel materiale apparentemente alla fine del suo ciclo di vita. Il materiale deve comunque sempre essere riciclato o riciclabile. L’unica linea che apparentemente si discosta un pò dalle altre è la linea A Ferro & Fuoco dove utilizzo metallo , in gran parte rame, che non proviene da riciclo perchè il rame usato in lattoneria è diverso da quello usato per lavorare la bigiotteria ed al contatto con la pelle potrebbe creare dei problemi; questo si scontrerebbe con la mia idea di benessere e di rispetto per l’ambiente e la persona. Anche in quest’ultima linea però vengono spesso materiali riciclati utilizzati per le altre linee come carta, tessuto, plastica.
credit photo: Sandra Ercolani
5 ANIMA MUNDI.
ANIMA MUNDI è un’opera unica e non in vendita creata per il concorso “GIOIELLI IN FERMENTO 2015” , concorso che alla base ha sempre come riferimento il vino, l’uva e il vigneto ed il tema specifico di quella edizione era :”materiale, spirituale, prezioso, quotidiano. Il tema di questa edizione giocava sul valore sostanziale del gioiello quale “alimento per l’anima”, capace di soddisfare nella contemporaneità nuove esigenze espressive, sia di chi si dedica alla realizzazione dell’ornamento contemporaneo, sia di chi ne è attratto e lo sceglie per il proprio apparire”.
Con questa opera ho voluto trasmettere un simbolo di unione tra i popoli, comprendendo nello stesso gioiello le icone di diverse religioni e alcuni simboli rappresentanti la vita. La chiusura del gioiello ripropone la mano di Fatima, poi il sole simbolo di vita sopra ogni cosa, l’eucarestia, l’albero che rappresenta la vite con i frutti ed infine sotto, come pendenti, le campane con i mantra Tibetani.
Materiali utilizzati, rame ossidato e smaltato a fuoco.
Voglio concludere questa interessante intervista con una convinzione che da sempre porto dentro e riguarda l’anima degli oggetti apparentemente inanimati: io credo che nessun oggetto sia “morto” o “inerme”. Tutto ciò che ci circonda racchiude in sè un’energia, ed è l’artista che con il suo tocco riesce a farla uscire.
Carmela Barbato